Come tutte le notti di Halloween, le strade della città di Sant’Antonio Tequendama, a 18 km a sud ovest di Bogotà, erano invase da ragazzi travestiti da mostri, streghe, fantasmi e scheletri pronti a bussare di casa in casa per un “dolcetto o scherzetto”. Ryan e sua sorella Leila, Sophie e Cameron, amici da una vita, avevano invece deciso di passare la notte nell’”Hotel del Salto”, un edificio fatiscente abbandonato ormai da anni, costruito su una rocca sporgente nella vallata di Tequendama, che deve il nome alle suggestive cascate che riversano le proprie acque sul fiume Bogotà. Tutti erano a conoscenza della storia dell’Hotel. Si racconta, infatti, che sin dagli anni ’40 fosse luogo prediletto di alcolisti e uomini di malaffare che tra un bicchiere e l’altro concludevano le loro risse finendo nel fiume dopo un volo di 157 metri dalle finestre dell’hotel. Per la sua posizione era diventato nel tempo il luogo preferito per i suicidi di tutto il mondo. Pare, infatti, che molti decidessero di terminare la loro vita lanciandosi direttamente dalle loro camere. Il posto perfetto per una notte da brivido. Equipaggiati con sacchi a pelo, torce, pile di riserva e del cibo, decisero di incontrarsi direttamente davanti all’hotel verso le 22:00. Il cancello era socchiuso e Ryan, come al solito, fu il primo a varcare la soglia e ad addentrarsi nel viale che conduceva verso l’entrata. Leila cercò per l’ultima volta di far cambiare idea a suo fratello. Sin dall’inizio non aveva nessuna intenzione di trascorrere la notte in quel luogo desolato e sinistro. - Siamo ancora in tempo per tornare indietro?- la sua voce echeggiò nel silenzio più totale e rispose soltanto il rumore del cancello che sbatteva rumorosamente chiudendosi. Le ragazze sobbalzarono, ma Ryan ormai era lontano e Cameron lo seguiva. - Andiamo non siate fifone. Incerte e rassegnate, le ragazze seguirono i loro amici tenendosi per mano per farsi coraggio. Arrivati davanti all’entrata, aprirono piano la porta che scricchiolò e le ragazze spaventate diedero un urlo. I ragazzi sbuffarono e accesero le torce, iniziando a guardarsi intorno. Ragnatele, finestre che sbattevano per il vento e tanta, tanta polvere. - Dividiamoci, tenete a portata di mano i telefoni e chiamate se trovate qualcosa di interessante – disse Ryan. Leila subito rispose: -Perché ci dovremmo dividere?! Io non vado in giro per questo hotel da sola! Non se ne parla proprio fratellino! - Tu vieni con me e Sophia con Cam, va bene?- rispose Ryan e si divisero. Ryan e Leila si diressero verso il piano di sopra, mentre gli altri due rimasero a perlustrare le varie stanze che davano sul corridoio del piano terra. I due fratelli erano già su per le scale quando un urlo li fece tornare indietro. - Che è successo? – chiese Ryan a Cameron – Chi ha urlato? - Non certamente io – rispose l’amico – ma anche noi abbiamo sentito. Proveniva da quella stanza. La camera incriminata aveva una porta massiccia di un color noce, reso ancora più scuro per via degli anni. In bella vista vi era il numero 90. - Già.. 90.. la paura, non poteva essere diversamente – disse Sophie. A Leila scappò un risolino isterico. Cameron tentò di girare la maniglia, ma invano. Sembrava bloccata. - Non si apre. - Lascia fare a me – disse risoluto Ryan, e in un batter d’occhio la porta si aprì con molta facilità. - Ecco! Hai visto? Ci voleva solo un po’ di forza. I ragazzi entrarono e le loro torce fecero luce su una sagoma seduta su di una sedia a dondolo vicino al letto. Improvvisamente una folata di vento più forte delle altre fece spalancare le finestre della stanza e contemporaneamente le loro torce si spensero mentre la camera piombava nel buio e la sagoma gridò di nuovo. Senza perdere tempo uscirono correndo dalla camera e via per il corridoio verso la porta d’ingresso. Ryan tentò disperatamente di aprirla ma la maniglia non girava in nessuna maniera. All’urlo della sagoma si aggiunsero quelli di Sophie e Leila e tutti cercarono scampo su per il primo piano fino ad un’enorme sala adibita per la colazione. C’era un tavolo rotondo centrale, ancora apparecchiato con vecchie tovaglie di lino una volta bianche e ben stirate, ma ora divenute grigie e sgualcite. In bella vista vi erano ancora i piatti in argento da cui sicuramente molti ospiti avevano attinto per il buffet e bicchieri semipieni di… vino????!!!!! Tutt’intorno vi erano dei tavolini anch’essi apparecchiati per la cena, ma soltanto uno, nell’angolo più lontano, era illuminato da una candela. Cameron accese la torcia del suo cellulare. Illuminò il tavolo e intravide due ombre intente a mangiare. Il grido di Leila risuonò nuovamente nell’edificio e le due sagome, quasi infastidite, si girarono verso gli intrusi portandosi un dito davanti alla bocca: - SHHHHHHHHH! – fu il solo suono che uscì dalle fessure dove una volta c’erano le loro labbra. Gli amici si ritrovarono di nuovo a correre verso la parte opposta del corridoio e sbucarono in un ampio salone che una volta doveva sicuramente essere adibito al relax. Vi era, infatti, un grande biliardo al centro e tante poltrone sui lati della stanza. Alle pareti, quadri di vecchi signori con barba lunga e capelli grigi sembravano osservare con attenzione i nuovi arrivati. Il gruppo tremante si diresse verso l’unica via d’uscita che sembrava essere la porta-finestra alla fine della stanza. Mentre camminavano, si sentirono osservati e si resero conto che ad ogni passo gli occhi dei ritratti li stavano seguendo con lo sguardo. I ragazzi affrettarono sempre di più l’andatura e arrivati vicino la porta-finestra trovarono un ultimo quadro diverso dagli altri. Questa volta era un dipinto che rappresentava la stessa stanza con lo stesso identico biliardo al centro e con l’immagine di Cameron che apriva la porta-finestra. Cameron, stavolta spaventato sul serio, girò la maniglia della porta-finestra che si aprì velocemente ma si ritrovò davanti ad uno spettacolo che mai avrebbe voluto vedere: lo strapiombo si apriva davanti ai suoi occhi. Non ebbe il tempo di dirlo ai suoi compagni perché gli altri per la paura si accalcarono verso l’uscita spingendolo così verso il baratro. Cameron riuscì a rimanere aggrappato alla maniglia, ma i suoi amici fecero un volo altissimo e si persero nelle acque del fiume sottostante. Per sua fortuna, l’ultimo sopravvissuto si accorse che sotto i suoi piedi vi era una scaletta che lo portò direttamente all’uscita dell’Hotel. Distrutto, sconvolto e piangente si avviò verso il cancello, stranamente aperto e tornò mestamente alla sua auto per dirigersi a casa. In un solo momento aveva perso i suoi amici per una stupida notte di Halloween.
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Maggio 2017
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